Nell’immaginario collettivo, le città del futuro sono città in cui la tecnologia plasmerà ogni aspetto della vita urbana. Seppure sia vero che la pervasività della tecnologia è sempre più evidente, e che il ricorso ad algoritmi e intelligenza artificiale può portare a inedite capacità di gestione – ad esempio del traffico, o nella progettazione e programmazione urbana – è anche vero che la cura del pianeta e delle persone sta assumendo un ruolo chiave.
Uscendo infatti dall’immaginario, ed entrando nella realtà, le città del futuro (e del presente) stanno sempre di più puntando su una maggiore sostenibilità ambientale e sociale. L’aumento di spazi verdi, percorsi pedonali e ciclabili e nuovi luoghi di interazione nello spazio pubblico stanno plasmando il nuovo ambiente urbano. Fra questi, lo sport e l’aumento delle infrastrutture ad esso collegate stanno assumendo un ruolo centrale.
Perché lo sport
Secondo un saggio a firma di Maria Pilar Vettori e Marta Cognigni, del Politecnico di Milano, “la pratica sportiva si pone come importante strumento di rigenerazione, la cui valenza integrativa riesce ad attivare nuovi usi e significati degli spazi”. Lo sport, infatti, rappresenta uno dei principali motori di sviluppo di una società sana dal punto di vista della salute – sia fisica che mentale – ma racchiude in sé anche “potenzialità di qualificazione funzionale e spaziale”. La rigenerazione urbana declinata sottoforma di realizzazione di spazi destinati allo sport, infatti, va ad agire su tutti quei luoghi sottoutilizzati o degradati per andare a creare nuovi spazi destinati alla pratica sportiva.
Come spesso accade, in queste dinamiche di riappropriazione dello spazio pubblico, gli abitanti non si configurano soltanto come utenti finali, ma sono coinvolti, attivamente, nella pianificazione e nella realizzazione di questi interventi, in un’ottica di partecipazione e di co-progettazione. Questo allargamento alla partecipazione di diversi attori, sta cambiando anche il modo in cui lo sport, e gli spazi ad essi collegati, vengono concepiti e realizzati. “La multifunzionalità e l’inclusività rappresentano i principali driver di programmazione e progettazione di un elemento al centro delle strategie di rigenerazione urbana in termini di qualità degli spazi e salute delle persone” scrivono ancora le studiose del Politecnico di Milano. Attraverso lo sport e la rigenerazione urbana si creano luoghi multifunzionali in cui è possibile praticare più discipline sportive, quindi luoghi più inclusivi, che favoriscono l’intergenerazionalità, ad esempio. La pratica sportiva diventa quindi meno orientata alla competizione e più informale. Lo sport viene praticato all’esterno, in modo gratuito, diventando una nuova modalità di fruizione dello spazio pubblico e un nuovo modo di vivere la città e il tempo libero. Quello che abbiamo definito, in un nostro precedente articolo, “Sport Urbanism”, favorisce quindi il realizzarsi di una città più aperta, inclusiva e più in salute: non solo aumenta il benessere psico fisico delle persone – grazie ad una maggiore accessibilità allo sport – ma lo spazio pubblico cambia conformazione: più verde, più spazio per (tutte) le persone e per la mobilità dolce.
Alcune città stanno già adottando programmi e soluzioni di pianificazione che inseriscono la pratica sportiva e la fruizione del tempo libero come una priorità. Vediamo insieme quali.
L’esempio di Singapore
Singapore ha da poco lanciato il suo programma Recreation Master Plan, un piano che si pone l’obiettivo di garantire la salute degli abitanti attraverso attività ricreative. Il programma prevede interventi sia su larga scala che progetti più piccoli: dalla creazione, quindi, di grandi infrastrutture (come porti e stadi) alla realizzazione di parchi multifunzionali. A questo proposito, si andrà ad agire sugli spazi sottoutilizzati, come ad esempio i cavalcavia. Alla base del progetto c’è una componente fortemente culturale, in quanto arti e tradizioni saranno parte integrante delle iniziative. Il programma è in linea con la strategia di una pianificazione urbana che metta al centro una visione olistica e sostenibile della città. Infatti, il riuso e la progettazione in ottica sportiva degli spazi sottoutilizzati di Singapore saranno accompagnati dall’incorporazione di nuovi spazi verdi, con la creazione di nuove reti pedonali che favoriscano la mobilità dolce per tutte le persone, indipendentemente dalla loro capacità di mobilità. I percorsi sono progettati per affievolire il traffico automobilistico e per garantire la mobilità (dolce) anche in caso di eventi metereologici avversi.
I risultati si stanno già vedendo: la trasformazione dello spazio pubblico in aree comuni di libero accesso – soprattutto in porzioni di città segnate da grandi differenze socioeconomiche dei suoi abitanti – sta cambiando le abitudini dei cittadini. Le persone si incontrano liberamente e combattono la solitudine attraverso un rinnovato senso di inclusività, in quanto non ci sono ostacoli, ad esempio di tipo economico, nella fruizione di quegli spazi.
Inoltre, Singapore è diventata l’unica zona blu urbana al mondo. Le zone blu sono zone in cui l’aspettativa di vita è più alta della media: di solito, sono zone rurali e lontane dagli ambienti prettamente urbani. Singapore, grazie al suo programma che mette al centro lo sport e il movimento, è riuscita ad invertire questo trend: negli anni ’90, a Singapore, solo l’8% della popolazione praticava regolarmente sport. Oggi, il 54% pratica sport almeno una volta alla settimana, il 26% tre.
In Europa
Anche in Europa, fortunatamente, si sta assistendo a questo progressivo cambiamento.
Il programma Re-Gen di Urbact è un network di città europee che vede la partecipazione di Milano, Verona, Daugavpils, Vila Do Conde, Pula, Kapodistriaki, Dobrich e Lezha. L’ obiettivo è di sostenere uno sviluppo urbano sostenibile attraverso l’inclusione sociale, grazie al coinvolgimento degli adolescenti fra i 10 e i 18 anni, nella trasformazione di aree pubbliche abbandonate in poli sportivi urbani. Attraverso interventi di urbanistica tattica, di aumento del verde urbano e dell’architettura di genere.
Vale la pena citare anche gli esempi del Merida Youth Facotry (a Merida, appunto), o lo Skate Park Jardin, a Barcellona: parchi che non comprendono solo la disciplina dello skate, ma altre discipline meno mainstream, come, ad esempio, il parkour. La Water Square di Benthemplein, a Rotterdam, è la sintesi di multifunzionalità: oltre ad essere uno spazio in cui poter praticare diverse discipline sportive, ed essere una piazza in cui trascorrere il tempo libero, la Water Square è una vasca di contenimento per le acque refluee, capace di mitigare gli effetti delle frequenti alluvioni.
Sono molti i progetti che potrebbero essere citati: ma di più, sono quelli che potrebbero essere realizzati. Soprattutto in Italia, maglia nera fra i paesi OCSE a garantire un adeguato accesso alla pratica sportiva.
Brand for the City, a questo proposito, ha lanciato l’iniziativa “Lo Sport che Connette”. La prima iniziativa di sport urbanism diffuso: una chiamata a tutti quei brand, associazioni e cittadini che, attraverso la rigenerazione urbana, vogliano realizzare – o migliorare – nuovi parchi sportivi all’aperto, gratuiti ed accessibili a tutta la cittadinanza.
Per scoprire di più:
Maria Vittoria Pilar, Marta Cognini – Techne – Space, Sport, Society. The practice of sport in the design of contemporary public space
Comune di Milano – Politiche giovanili. Largo allo sport nel quartiere San Siro, allo studio un progetto per attivare ragazzi e ragazze nello spazio pubblico
Tomorrow City – HOW LEISURE AND SPORTS ARE SHAPING URBANISM: THE CASE OF SINGAPORE
Fortune Well – The longevity secrets of Singapore, the 6th blue zone city where people are living the longest, happiest lives