“Muoviamo le persone con ottimismo, con la promessa che queste misure audaci non solo ci lasceranno con strade più resistenti ai cambiamenti climatici, ma una città più bella nel complesso”.  

A pronunciare queste parole è Jakob Dunkl, co-fondatore di un famoso studio di architetti di base a Vienna. Non è un caso che proprio da Vienna partano alcune delle più importanti riflessioni sulla necessità di cambiare, in modo anche radicale, l’idea di città del futuro. La città austriaca, come avevamo già scritto in passato, è all’avanguardia in diversi ambiti: dal creare una città più inclusiva per le donne, a temi come la mobilità dolce, l’housing sociale e svariate politiche che riguardano il verde urbano.  

Tuttavia, la difficoltà di attuare queste “misure audaci”, come le definisce Dunkl, sta proprio nella capacità di coinvolgere e far accettare ai cittadini cambiamenti che, in alcuni casi, non sono immediatamente percepiti come necessari o positivi da una parte della cittadinanza. Un esempio fra tutti riguarda proprio la mobilità: a Parigi, la rivoluzione della mobilità incentrata sulla bicicletta ha trovato molti sostenitori, ma ha anche scatenato parecchie critiche. Lo stesso è successo a Bologna, quando sono state annunciate le manovre per rendere il borgo emiliano una delle città a 30km/h. Eppure, i risultati, anche se è ancora presto per una valutazione complessiva, sono positivi.   

Place_de_la_republiqueLe città, che dovranno accogliere sempre più persone in futuro secondo le stime, sono responsabili del 70% delle emissioni globali di CO2 e si trovano a dover affrontare una serie di problemi – di accessibilità, di resilienza verso gli effetti del cambiamento climatico, di alloggi e di problemi sociali – a cui devono corrispondere azioni, appunto, audaci. La domanda sorge quindi spontanea: come si convincono i cittadini ad accettare queste manovre? 

Sempre da Vienna e, come vedremo più avanti, anche da altre città, arrivano alcune soluzioni. Fra tutti, “lavorare sul coinvolgimento dei cittadini” sembra la strada da percorrere, secondo Jürgen Czernohorszky, consigliere esecutivo per il clima e della città austriaca. Così come è necessario “iniziare a raccontare le storie giuste”, afferma Berthold Kren, CEO di un importante brand internazionale. Le “storie” a cui si riferisce Kren, tuttavia, non sono semplici racconti, ma prove di azioni concrete che la sinergia fra brand, amministrazioni e cittadini, deve e può compiere. In particolare, secondo l’ultimo rapporto del Trust Barometer 2024, i brand sono ancora le istituzioni presso cui la maggior parte dei cittadini pone la propria fiducia. È fondamentale quindi che prendano posizione, ascoltino consumatori/cittadini e avviino un dialogo attivo con le amministrazioni affinché le trasformazioni necessarie siano accettate e partecipate da parte dei cittadini.  

Vale la pena citare alcuni esempi che dimostrano casi di successo in cui, sia per via di una graduale implementazione sia perché derivanti dal “coraggio” di amministrazioni e brand, si è riusciti ad ottenere un miglioramento della vita e della città stessa. Spesso, direttamente grazie alla partecipazione dei cittadini.  

L’esempio di Vienna, fra passato e futuro 

Gleis_21_wienIl Gleis 21 di Vienna è un progetto di Co-Housing realizzato nel centro della città e sede dell’omonima associazione.  

La progettazione dell’edificio ha seguito il modello partecipativo che ha incluso i futuri residenti. Strutturalmente, l’edificio è stato concepito come una casa compatta a energia 0, e la costruzione ibrida in legno è stata realizzata in modo da ridurre al minino l’uso di risorse. La particolarità del progetto, tuttavia, “risiede” al piano terra: si tratta infatti di una parte dell’edificio letteralmente aperta, in modo da creare un collegamento fra la via pedonale (la Bloch Bauer Promenade) e il vicino parco. Il piano terra dell’edificio si configura quindi come un’estensione dello spazio urbano, in cui si svolgono eventi ed è presente una libreria all’aperto. Il luogo si configura quindi non solo come il piano terra di un edificio residenziale, ma anche e soprattutto come luogo d’interazione sociale. Andando in parte a colmare due dei più grandi problemi delle città moderne: la solitudine e la mancanza di alloggi. Sia le aree comuni che alcune unità abitative sono infatti progettate in modo partecipativo per risolvere attivamente questi problemi. Una soluzione che trae ispirazione direttamente dal passato. 

Gleis_21_rooftopInfatti, se il Gleis 21 rappresenta una novità per quanto riguarda l’approccio partecipativo, in realtà già dal dopoguerra il modello di edilizia sociale di Vienna si è dimostrato diverso e decisamente migliore rispetto a quello delle altre metropoli europee. La mentalità con cui furono costruiti gli alloggi di edilizia sociale seguiva un concetto tanto semplice quanto rivoluzionario. Gli edifici erano stati progettati per essere indistinguibili dagli edifici privati (in termini di estetica), prestando particolare attenzione a integrarli nel tessuto della città. Già allora, la realizzazione di cortili aperti eliminava la divisione fra spazio pubblico e giardini interni, erano presenti biblioteche e asili che non servivano soltanto a chi viveva quei luoghi, ma ad una comunità più ampia e aperta. Questo ha permesso a Vienna di non soffrire di alcuni dei tipici problemi delle altre città. La realizzazione di edilizia sociale (nata per rispondere alla crescente domanda di alloggi) nelle altre città d’Europa è stata infatti condotta creando spesso edifici alti (seguendo le tendenze urbanistiche di Le Corbusier) attraverso prefabbricati, che risultavano spesso poco integrati con quartieri esistenti, portando frequentemente al problema di creazione di “ghetti”. 

Vienna ha trovato in passato una soluzione a problemi che potremmo definire moderni. Tuttavia, non è stato semplice. La classe media austriaca del dopoguerra era fortemente contraria alla realizzazione di questo tipo di edifici di residenze sociali. Il coraggio dell’amministrazione e dei costruttori invece, è riuscito a realizzare un modello che oggi viene studiato da altre città come Barcellona e Lione. 

social_housing_wienLa risposta di Milano alle nuove necessità 

Tornando in Italia, Milano – con l’annuncio del nuovo Piano di Governo del Territorio – sta cercando di porre rimedio ad alcuni dei principali problemi di attualità. Il nuovo PGT mira a rendere la città più vivibile a partire proprio dalla necessità di alloggi a prezzi accessibili in vista dell’incremento della popolazione. Mentre gli attuali residenti della città meneghina sono stati chiamati a rispondere e partecipare attraverso la realizzazione di un nuovo strumento chiamato Atlante dei quartieri, che intende mappare interventi prioritari di rigenerazione urbana nei vari municipi di Milano.  

Fra i progetti già presentati, spicca una maggiore sensibilità a migliorare l’accessibilità dei luoghi pubblici. A incrementare le piste ciclabili e a rendere la città più verde. Tutti interventi in linea con le rinnovate necessità delle metropoli. Seppure qualche critica stia già arrivando (il nuovo PGT sarà operativo dall’anno prossimo), il nuovo modello di Milano è un importante passo verso una maggiore sostenibilità ambientale della città. Ed il fatto di confrontarsi con la popolazione rende il processo sicuramente più attento ai bisogni reali delle persone.  

Altri esempi dal mondo 

Gli esempi in cui, sia per un’azione coraggiosa da parte dell’amministrazione di una città, sia per l’intervento e il contributo di un brand, sia per il coinvolgimento dei cittadini nella progettazione sono, fortunatamente, molti. 

Basti pensare, ad esempio, al modello di Pontevedra come città pedonale. La città nel lontano 1990 aveva già cominciato a limitare l’uso dell’automobile in centro, puntando sulla mobilità dolce che ha permesso alla piccola cittadina di incrementare la sua popolazione grazie alla migliore qualità della vita.  

A Santiago del Cile, un importante brand si è reso partecipe della realizzazione temporanea di una zona pedonale in una via una volta molto trafficata. Seppure quella zona rappresentasse un’arteria fondamentale per il traffico di Santiago, una volta riaperta i cittadini hanno riconosciuto l’importanza e la bellezza dell’intervento e hanno chiesto al Governo di mantenere l’area pedonale.  

Allo stesso modo, Parigi ha reso uno delle sue più importanti piazze, Place de la Republique, un’oasi verde, attraverso un approccio singolare: nel 2010 sono cominciati i primi workshop che hanno coinvolto i cittadini che vivono nell’area. Liberata dal traffico automobilistico, ora la piazza ospita oltre 150 alberi e uno spazio urbano multiuso. E partecipa a combattere il sempre più grave problema delle isole di calore.  

Il problema di far accettare alcuni cambiamenti ai cittadini risiede nel fatto che molte persone hanno una “cecità emotiva verso quella che è vista come una sfida a lungo termine” ha affermato Masha Smirnova, che fa parta di Eurocities (la rete di oltre 200 delle più grandi città europee). È compito quindi degli stakeholder cittadini trovare il modo giusto per spiegare in che modo le politiche verdi sono per il bene comune, così come garantire spazi ricreativi e luoghi di socialità. Per riprendere ancora una frase già utilizzata, è ora di “iniziare a raccontare le storie giuste” e rendere la sostenibilità “di moda”. 

 

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Per scoprire di più:

Gleis 21: Zero-energy Co-housing Project – urbanNext 

Come sta andando la “città 30” a Bologna – Il Post 

Forum Rigenerazione Urbana – Comune di Milano 

2024 Edelman Trust Barometer Global Report 

Living Cities: Equal access to Pride — Picnic on the bridge — Truly ‘social’ housing – POLITICO 

Anne Hidalgo’s sack of Paris – POLITICO 

The city that pioneered Europe’s car-free future – POLITICO 

How Vienna took the stigma out of social housing – POLITICO 

How Vienna took the stigma out of social housing – POLITICO