[4 minuti di lettura]

 

Giovedì 10 novembre 2022 il Parlamento europeo ha approvato la “Corporate Sustainability Reporting Directive” (P9_TA(2022)0380). Questa direttiva ha un’importanza fondamentale perché stabilisce, nei fatti, che i dati aziendali sulla sostenibilità assumono lo stesso valore dei dati finanziari. 

In pratica l’assunto è che “dire e comunicare la sostenibilità” non è più sufficiente: bisogna fare!

L’obiettivo di questa direttiva è infatti di responsabilizzare in modo concreto le imprese sulle attività di comunicazione della sostenibilità: prima di comunicare bisogna agire. Ciò ha come ovvia conseguenza quello di renderle trasparenti agli occhi dei consumatori e limitare il fenomeno del greenwashing. 

Imprese e consumatori. A che punto siamo quando parliamo di sostenibilità? 

Le sfide che ci attendono quando parliamo di sostenibilità e cambiamento climatico sono evidenti. Appena una settimana fa si è conclusa la COP27. Il tema è sempre più caro agli stessi consumatori che d’altra parte però trovano nei supermercati prodotti con claim green dei quali, secondo uno studio Sweep, ben il 42% è ingannevole!

Il mondo delle imprese si sta muovendo. Un documento sottoscritto da grandi realità internazionali definisce un impegno verso una nuova purpose first economy: lo scopo dell’impresa deve essere centrale nel produrre una trasformazione, un cambiamento anche dell’intero sistema. E si tratta di un’evoluzione che dev’essere integrata nella strategia di business e misurata con metriche precise.  

Purtroppo nel 2021 meno di 1 impresa italiana su 3 ha volontariamente pubblicato un suo bilancio di sostenibilità. Quindi questa direttiva va sicuramente nella giusta direzione.

La nuova direttiva. Misurare l’impatto sociale e ambientale 

Le informazioni non finanziarie che le aziende dovranno divulgare riguardano il loro impatto sociale e ambientale. Un approccio quindi integrato alla sostenibilità, in cui l’ambiente e i rischi ambientali dell’attività d’impresa – in primis relativi al cambiamento climatico – sono solo il punto di partenza. A tutto ciò si aggiungono le necessarie informazioni sulla responsabilità sociale e il trattamento dei dipendenti, il rispetto dei diritti umani, le misure contro la corruzione e la tutela della diversity nelle posizioni dirigenziali. 

L’applicazione di questa direttiva avverrà per scaglioni progressivi. A partire dal 2024 sarò obbligatoria per le multinazionali con più di 500 dipendenti. Per poi passare, nel 2025, alle aziende con oltre 250 dipendenti e/o un fatturato di 40 milioni di euro. Dal 2026, infine, gli obblighi si estenderanno anche alle piccole medie imprese quotate. 

Giusto per avere un ordine di paragone, finora le norme esistenti interessavano poco più di 11 mila aziende. Con questa direttiva si arriverà a coinvolgerne oltre 50 mila, coprendo il 75% del giro d’affari delle imprese europee.

Dal dire al fare. Per fare la differenza non basta raccontarla

Si tratta di un passaggio “dal dire al fare” che implica un grande cambiamento di mentalità (e di azione). Le imprese hanno infatti bisogno di approcciare la sostenibilità come elemento fondante della propria identità. Una sostenibilità in grado di tener uniti impresa, persone e territorio, in un’ottica di contaminazione virtuosa tra pubblico e privato. E tutto ciò attraverso azioni concrete e visibili: il modo in cui le aziende rispondono agli interessi dei propri stakeholder diventa parte integrante della stessa trasformazione.

Ciò si dovrà tradurre quindi, anche nella vita di tutti i giorni, in un maggiore impegno verso le questioni ambientali, sociali, di diversità e inclusione. 

Lavorare in accordo con i propri stakeholder territoriali permette infatti di creare valore a lungo termine. Valore per l’impresa ma anche per il territorio, in modo da diventare agenti effettivi di cambiamento. Investire in un sistema di valori e azioni che una comunità riconosce come propri significa essere in sintonia con il territorio. E di conseguenza guadagnare la fiducia di chi lo abita, anche quando “diventa” poi consumatore. 

Ci sono sempre più esempi in questo senso. Imprese che contribuiscono a migliorare la vita di una comunità, intercettando dal basso bisogni e sensibilità e trasformandoli in interventi concreti. Stiamo parlando di aree urbane riqualificate per stare nella natura e creare connessioni, murales che fortificano l’identità di un quartiere o campi sportivi pubblici, accessibili a tutti e luogo di inclusione sociale. 

Brand for the City è nata ben prima di questa direttiva proprio per aiutare le aziende che vogliono intraprendere percorsi di sostenibilità concreti. Concentrandoci nelle città – i luoghi delle grandi sfide che ci attendono – Brand for the City facilita il dialogo tra imprese e attori del territorio per sviluppare progetti di rigenerazione urbana: interventi concreti che si costruiscono con la comunità, immaginando una città più sostenibile, equa e vivibile.

 

TORNA ALLA PAGINA NEWS

PER APPROFONDIMENTI:

Corporate Sustainability Reporting Directive, Parlamento Europeo

Lisa Kreusch, The Corporate Sustainability Reporting Directive, PlanA

Mauro Bellini, Sustainable reporting: approvate le nuove regole UE sulla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), ESG360

Antonio Mazzuca, CSRD, Corporate Sustainability Reporting Directive: dall’UE obblighi di rendicontazione ambientale e sociale per le imprese, InSic

Giampaolo Colletti, Fabio Grattagliano, Numeri, azioni e performance per schivare l’overdose di Esg, Sole 24 Ore