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SDG #11: Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili 

 

“Inclusivo” è una delle parole più ricorrenti dei nostri giorni. Ma che cosa significa? E, soprattutto, cosa significa rendere una città inclusiva? 

Partiamo dall’inizio. Il nostro modo di vedere e fare esperienza dal mondo è personale. Dipende dalla nostra età, genere, etnia, status socio-economico, orientamento sessuale, religione, disabilità o meno, capacità motoria…  

Il modo in cui questi fattori si intrecciano in noi determina anche il modo in cui facciamo esperienza delle città. Lo spazio pubblico e la sua pianificazione non sono neutri. Se i marciapiedi sono stretti e dissestati, di certo non sono agevoli per persone in carrozzina o per famiglie con i passeggini. Questo esempio intuitivo ci pone una domanda: per chi stiamo costruendo le nostre città? 

Quando si parla di città inclusive si pensa subito alla loro accessibilità, cioè alla presenza o meno di barriere fisiche. Le barriere, però, sono anche invisibili. Pensiamo alla sensazione di paura e insicurezza che provano le donne tornando la sera in zone poco illuminate e pericolose; o all’ansia delle famiglie nel tragitto dei figli tra casa e scuola. Chi agisce nello spazio cittadino – come pianificatore o come utente – dovrebbe sforzarsi di uscire dal proprio punto di vista: il mio modo di usare lo spazio non è l’unico.  

Potrebbe sorgere un’obiezione: le soluzioni concrete sono troppo complesse da attuare in città storiche come quelle italiane. Ecco invece dei casi che dimostrano il contrario. 

La città inglese di Chester è stata eletta come città europea più accessibile 2017 dall’Access City Award. Le mura romane e le viuzze del centro storico sono state rese accessibili con corrimano aggiuntivi e superfici lisce. Il resto della città ha retto il passo, con un flotta di bus agibile da tutti, accesso delle sedie a rotelle nei taxi e bagni pubblici accessibili.  

Anche Gerusalemme ha messo in atto un intervento simile. Il centro storico è stato reso agibile livellando le strade irregolari e installando rampe e corrimano. Sull’accessibilità materiale è stato costruito un servizio per rendere accessibili anche le informazioni: una app, disponibile in otto lingue, che consente di mappare i percorsi. 

La tecnologia, di per sé ampiamente accessibile, può contribuire a uno spazio cittadino alla portata di tutti. Un esempio nostrano è l’app WeGlad che mappa le barriere architettoniche della città (strade, buche e gradini) per favorire la circolazione delle persone in carrozzina. 

Inclusione però è anche garantire l’accesso a luoghi “respingenti” come quelli culturali, che hanno il potenziale di diventare fulcro per la comunità. Come la Public Library di Toronto. La collezione libraria è in varie lingue: un primo passo semplice ma importante per accogliere tutti. Avere accesso a informazioni e risorse non è scontato. Oltre ai servizi consueti, offre supporto ai nuovi arrivati in città: assistenza pratica per ottenere assicurazione sanitaria, patente e altre pratiche burocratiche, corsi di lingua, sostegno nella ricerca di lavoro. 

L’inclusione è una responsabilità di tutti. Chi prende le decisioni ha il dovere di ascoltare e coinvolgere ogni abitante nei processi, in special modo quelle soggettività considerate marginali. Un caso di rigenerazione esemplare è il parco urbano Superkilen a Coopenhagen (che abbiamo raccontato in dettaglio qui). Concepito per rivitalizzare il distretto operaio di Nørrebro, con una scarsa integrazione, è stato realizzato grazie a un coinvolgimento civico “estremo”. L’idea era quella di creare uno spazio che riflettesse la diversità della popolazione locale, coinvolgendoli nella progettazione: i residenti hanno scelto oggetti dei loro Paesi d’origine, da esporre in uno spazio di dialogo multiculturale. 

Quando si rigenera un luogo è importante avere la giusta sensibilità per favorire un ambiente in cui ognuno si senta benvenuto, ascoltato e rispettato. E in cui i bisogni di tutti sono tenuti in considerazione. L’inclusione, infatti, rappresenta anche un grande potenziale per costruire comunità creative, accoglienti e sane. 

 

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PER APPROFONDIMENTI:

Niall Patrick Walsh, How Ancient Cities Become Accessible Cities, ArchDaily

Zhixi Zhuang, Building Inclusive Cities Case Study, Cities of Migration

Victor Pineda, Building Inclusive Cites for Everyone: Towards a Responsive World, urbanNext

Helena Degreas, Disabled Are the Cities, Not Their Citizens, ArchDaily

Convegno Vivibilità e accessibilità. La città inclusiva

Costanza Giannelli, La smart city sarà inclusiva?, La Svolta

Irene Ghirotta, La città inclusiva, Mondo Internazionale

Access City Award website

WeGlad website

Photos by Daniel Ali, The Guardian, Shmuel Bar-Am, Toronto Public Library, Forgemind Archimedia