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EY ha pubblicato il suo Human SmartCity Index 2022, il primo del periodo pandemico, che ha valutato lo scenario sociale e lavorativo nelle città post covid. Uno scenario instabile che richiede spirito di adattamento a persone, aziende e tessuto urbano, i cui spazi vengono utilizzati dai soggetti nei loro diversi ruoli di cittadini e lavoratori.
Se negli ultimi due anni è diventato manifesto il desiderio di recuperare un maggiore senso di comunità, è necessario che anche gli spazi si ricompongano per creare una città a misura di persona. Il lavoro, in particolare, ha cambiato la sua geografia: lo smart woking ha messo al centro l’ambiente domestico ma ha anche evidenziato la necessità di modalità e spazi di lavoro intermedi. Il 51% dei lavoratori italiani prevede di continuare in forma agile la propria attività, per questo le città che saranno più capaci e veloci nel riprogettarsi diventeranno più attrattive. Smart working significa lavoro di prossimità e rappresenta dunque un’opportunità (soprattutto per le città medie e piccole) di creare comunità dove prima esistevano “quartieri dormitorio”. Il requisito fondamentale tuttavia è che si progettino nuove centralità in queste zone: la transizione è verso una città più “umana”, inclusiva e accessibile, ricca di servizi, luoghi culturali e per il tempo libero.
Di chi è la responsabilità di garantire questo sviluppo sostenibile? Secondo una ricerca Gfk, gli intervistati percepiscono le imprese come un attore chiave in questo processo (76%), premiando i brand che contribuiscono con un impatto positivo sul territorio.
Seguendo questa traiettoria di cambiamento, le Smart Cities si trasformano in Human Smart Cities, ovvero città che (ri)progettano infrastrutture e servizi bilanciando centralità del cittadino, innovazione tecnologica e sostenibilità.
Questo passaggio risulta evidente nel caso di Toronto, che in pochi anni ha rinunciato ad un progetto urbanistico “smart” in favore di un approccio alla città più inclusivo e attento alla comunità. Il progetto Quayside, annunciato nel 2019 da Sidewalk Labs (Google), prevedeva di trasformare il lungomare cittadino in un distretto futuristico, altamente tecnologico e innovativo. L’arrivo della pandemia – e con essa i ripensamenti sul rapporto tra il benessere e l’abitare le città – ha portato all’abbandono del piano, sostituito da una nuova visione nel febbraio 2022. Il litorale presenterà 800 alloggi a prezzi agevolati, una foresta urbana, servizi di prossimità e di aggregazione e l’obiettivo zero emissioni di carbonio.
In questa ritrovata centralità della persona, lo studio di EY valuta le città secondo due variabili interdipendenti: i comportamenti tenuti dalla cittadinanza e la capacità degli stakeholder pubblici e privati di ridisegnare la città a partire dalle esigenze espresse dalla comunità (readiness).
Quali sono i risultati più interessanti della ricerca?
- gli sviluppi sono sostenuti in gran parte dagli investimenti, mentre emerge la necessità (anche per le città prime in classifica) di concentrarsi di più sulla componente “umana”
- la distribuzione geografica delle città secondo la fascia di ranking mostra un notevole divario tra nord e sud
- la differenza tra città grandi e piccole rimane importante nella componente investimenti mentre si riduce fortemente per quanto riguarda i comportamenti
- nell’equilibrio tra le due componenti, i territori regionali mostrano una situazione differenziata al proprio interno, segno di scelte autonome da parte delle città. Più in generale,
- le città smart – alto punteggio di readiness e basso punteggio di comportamenti – investono e sviluppano iniziative, ma fanno fatica a coinvolgere i cittadini. Si tratta delle metropoli del sud (grandi investimenti grazie ai fondi strutturali) e di città medie del centro-nord
- viceversa, le città behaviour-driven – alto punteggio di comportamenti e basso punteggio di readiness – sono piccole città tradizionalmente poco smart, ma i cui cittadini sviluppano comportamenti virtuosi, anticipando le iniziative degli altri stakeholder.
- Il posizionamento delle filiere produttive secondo questi criteri è un dato interessante per comprendere competitività e attrattività delle imprese, non solo secondo parametri di mercato ma anche di condizioni di lavoro. I dati ci dicono che la maggior parte delle filiere produttive si trova in territori significativamente sotto la media, sia per readiness sia per comportamenti, e devono dunque impegnarsi per offrire ai lavoratori contesti urbani e di vita più a misura di persona.
In conclusione, le istituzioni pubbliche e le aziende che operano nel territorio devono impegnarsi in interventi che riescano a coniugare readiness e comportamenti: ascoltare e amplificare i comportamenti della cittadinanza per ridisegnare la città, allo stesso tempo intendere gli interventi nel tessuto urbano come stimolo per i cittadini stessi per implementare comportamenti virtuosi.
PER APPROFONDIMENTI:
Post-Covid e abitudini digitali: promossi smart working, spesa online e servizi pubblici via App, Altroconsumo
Fabrizio Papitto, L’intelligenza degli alberi di Toronto, La Svolta
Ricerca Gfk per Sodalitas, 2018
Photos by Shridhar Gupta, Asia Culture Center on Unsplash; Human Smart City Index by EY