Si è troppo spesso portati a pensare che interventi capaci di apportare sostanziali vantaggi sulle comunità, sui quartieri, sulle strade siano progetti a cui destinare ingenti quantità di risorse. Economiche, ma anche temporali, di spazio e di materiali. Tuttavia, la rigenerazione urbana, minuta e granulare, come avevamo già accennato in un precedente articolo, se condotta attraverso metodi ed un uso sapiente, creativo e concreto anche di poche risorse, è in grado di raggiungere quello che, in fondo, è il suo primario obiettivo. Ovvero, di apportare un contributo positivo al benessere delle comunità.
L’unica, vera, risorsa che non può mancare, è forse quella “immaginaria”, di visione. Riuscire ad immaginare percorsi partecipati, trovare la formula più adatta a concretizzare questa partecipazione e, chiaramente, quello di riuscire a creare interventi capaci di migliorare lo spazio pubblico così come la percezione comunitaria di un luogo, la sua identità. E questa, la rigenerazione urbana, strumento a volte capace di fare tanto, con poco.
La rigenerazione urbana è capace di ridare vitalità a quei piccoli luoghi interstiziali che si annidano nelle nostre città. Di cambiare, addirittura, la veste di una parte di città attraverso piccoli interventi scaturiti da percorsi in cui non è l’ingente disponibilità di risorse il fattore chiave per la concretezza del progetto: ma la capacità, appunto, di immaginare e realizzare.
La ”rigenerazione dei limiti”, potremmo definirla, porta in sé il privilegio della sperimentazione, della capacità di reinventarsi e di immaginare fuori degli schemi, per riuscire a creare qualcosa di tangibile, a vantaggio di tutti.
Alcuni esempi che riportiamo, aiutano a capire come l’immaginazione, unita al pragmatismo del riuso ecologico di materiali e spazi, può innescare cambiamenti dello spazio urbano capaci di promuovere attivazione e senso di socialità fra le persone.
Seul Urban Pinball Machine
Siamo abituati a vedere i flipper all’interno di bar, o attraverso il display di un pc, ma cosa succede quando si installa un flipper sul tetto di un museo? È successo a Seoul, Corea del Sud. Nato come un progetto temporaneo, che intendeva rianimare la città dopo le restrizioni dovute alla pandemia, il Seul Urban Pinball è un parco/piazza realizzato sul tetto della Seoul Hall of Architecture & Urbansim, progettato per far rivivere il contesto rubano storico del quartiere più antico della città. Il progetto sperimentale, nato come occasione per realizzare nuovi spazi pubblici senza la necessità di costruire con ingenti risorse e grandi progetti architettonici, sfrutta la pendenza per il moto della “pallina”, che in questo caso, è ben più grossa di quella a cui siamo normalmente abituati quando si parla di flipper. La palla rimbalza fra i vari “ostacoli”. Chi avvia la pallina diventa così l’esecutore del gioco, mentre le altre persone presenti diventano spettatori di un’occasione di partecipazione che crea quasi una dinamica teatrale, gli spettatori possono anche intervenire durante il gioco, sedersi, spostarsi all’interno del “palcoscenico” e creando una dinamica di “gioco urbano collettivo”.
Escadinhas Footpaths: i sentieri di Matosinhos
Una rete di sentieri pedonali collega il quartiere collinare di Monte Xisto, a Matosinhos, in Portogallo, con il fiume Leça. Si tratta di un progetto di rigenerazione urbana che si è posto l’obiettivo di dimostrare che, con poco, è possibile apportare vantaggi e soluzioni innovative di recupero anche nei quartieri più nascosti e trascurati delle città. Il progetto è stato realizzato attraverso modalità di co-partecipazione con gli abitanti del luogo, coinvolti nelle lavorazioni. Gli spazi, fra i giardini pubblici e i terreni privati, sono stati dotati di panchine e le scalinate, una volta colorate e recuperate, sono diventati così anche luoghi di riposo e sosta, e non solo dispositivi di attraversamento. Un vecchio rudere che costeggiava la scalinata è stato recuperato diventando così una sorta di salotto naturale, immerso nel verde del sito. Il percorso che unisce il quartiere Matosinhos al fiume Leça è diventato non solo un luogo di passaggio, ma anche e soprattutto un luogo di socializzazione, di comunità. Dimostrando, che anche un po’ di colore, qualche seduta e l’immaginazione è possibile creare “percorsi” di attivazione sociale capaci di migliorare la vita delle persone e i loro quartieri.
One Green Mile, Bombay India
Il Senapati Bapat Marg è un cavalcavia che fa parte di una serie di strade principali, nel cuore della metropoli indiana di Bombay. Se la parte superiore è attraversata dalle auto, la parta inferiore risultava, come spesso accade per questo tipo di infrastrutture, inutilizzata. Da qui, l’idea di realizzare un parco urbano sotto il cavalcavia. La parte più trasformativa del One Green Mile consiste in uno spazio comunitario che vuole rispondere alla mancanza di aree verdi e di sosta del sito.
Il design include strisce blu che hanno l’obiettivo di creare un’identità visiva coesa e un’esperienza spaziale urbana, unite a piccole colline per fornire tridimensionalità allo spazio. Spazio che è diviso in tre sezioni, o stanze: lounge, una palestra attrezzata, un’area salotto ombreggiata che può anche essere utilizzata come sala lettura o per spettacoli. Il verde è un elemento fondamentale per il progetto. Oltre a mitigare gli effetti dell’inquinamento acustico e dell’aria, ha un importante effetto nel rinfrescamento dell’area e, inoltre, arricchisce uno spazio prima esclusivamente fatto di cemento, di biodiversità urbana.
Il progetto dell’area ha anche un’altra, fondamentale, funzione: migliora i collegamenti per ciclisti e pedoni, e quindi per le persone. Strisce pedonali luminose, inoltre, migliorano la segnalazione e favoriscono, oltretutto, la sicurezza del luogo. Il One Green Mile dimostra che, con poco, è possibile fare molto. In grosse città come Bombay, in cui il traffico è una costante e le grandi infrastrutture stradali spesso, hanno l’effetto di dividere le comunità – passando letteralmente sopra i quartieri – saper sfruttare gli spazi lasciati vuoti da tali infrastrutture significa riunire, riconnettere le comunità: “e se ci aspettassimo che le autostrade restituiscano qualcosa ai luoghi che attraversano? Un cavalcavia può fornire un po’ d’ombra in una città calda e crea una piccola area di terreno che non può essere sviluppata con edifici alti. Non è un’idea così folle trasformarlo in uno spazio pubblico”. Ha affermato Stefan de Koning, dello studio architettonico MVRDV, che ha curato il progetto.
Gli esempi riportati, dimostrano che cambiare volto, colore, funzione e fruibilità delle città è possibile. Ed è possibile attraverso due fondamentali ed irrinunciabili risorse: la creatività e l’ascolto. Per il resto, la rigenerazione e l’agopuntura urbana posso fare davvero tanto, a volte, con pochissimo.
Per scoprire di più:
Arch Daily – Community Growth Through Architecture: Maximizing Limited Resources for Positive Impact
Escadinhas Footpaths – EUMiesAward